Romics d'Oro 2008 - agli autori di Tex

Romics d'Oro 2008 - agli autori di Tex

TEX OVVERO NELL’IMMAGINARIO I BUCHI NERI FUNZIONANO ANCHE ALLA ROVESCIA. Grato e felice di potere scrivere su Tex – e dunque in onore della carriera dei Bonelli padre e figlio. Mi è accaduto spesso di farlo in questi miei quaranta anni di attività sociologica, ben pochi rispetto a quelli vissuti da Tex. Ma qualcosa sono (e, non per narcisismo ma per informazione, ricordo che a Paolo Fabbri venne in mente di dedicarmi un saggio proprio su Tex in occasione di un volume a me offerto dall’editore Sossella in occasione dei miei sessanta anni di vita). In questi casi c’è sempre il problema di trovare l’ispirazione per non dire troppe banalità, per non ripetersi, per non fare pesare troppo le proprie ossessioni e non dare troppo spazio alle ossessioni altrui, in particolare a quello spirito celebrativo che è il rischio in cui si incorre anche quando, a essere celebrato, è un mito tra i più accreditati della cultura di massa. E in particolare di un mito come questo che stiamo celebrando, non solo accreditato da decenni di culto ma da una bottega editoriale tra le poche ad avere avuto le capacità e il prestigio di una grande industria internazionale, e di un tipo di organizzazione del lavoro e dei contenuti autoriale e insieme seriale (cosa assai rara nel nostro cinema e abbastanza rara, almeno sino a pochi anni fa, nella nostra televisione). L’ispirazione per stendere un saggio su Tex come  mio contributo a un vecchio libro miscellaneo, dedicato agli eroi del fumetto e curato da Adornato,  mi venne dalle inquietudini del terrorismo, che mi spingevano a individuare nell’etica “texiana” un punto di equilibrio tra logiche dello stato e logiche dell’anti-stato ovvero di quella turbolenza trasgressiva, capacità di iniziativa, istinto per la giustizia e l’uguaglianza, che rende spesso la vita quotidiana delle persone alternativa e critica rispetto alla vita sociale della collettività e soprattutto di una collettività imbrigliata nelle istituzioni, nei suoi saperi e soprattutto nelle sue norme, spesso troppo rigide e unilaterali rispetto alle sfumature di cui si nutrono i sensi e desideri delle persone. Il discorso funzionava, anche se di fatto risentiva di un clima in cui delle cose dell’immaginario si ragionava ancora imprigionati nelle “corazze” dell’ideologia. Ora l’ispirazione per questa nota mi viene dal fatto di scriverla, qui e ora, in prossimità della tanto attesa e discussa ora zero dell’esperimento ultramiliardario di Ginevra: l’accensione dell’acceleratore di particelle che ci dovrebbe far trovare la “particella di Dio”, il segreto dell’esistenza, ma che a detta di molti potrebbe invece creare un “buco nero” e dunque un immane vortice in cui precipiterebbe l’intero nostro mondo, la nostra esistenza, le nostre società civili e incivili, la nostra carne ed ogni cosa della nostra esperienza. Forse avete già intuito dove voglio arrivare, ma cerco di  spiegarmi, pur sapendo bene che le intuizioni – là dove a scattare è il medesimo istinto che ci guida nella lettura di un fumetto – sono spesso assai più chiare delle parole e dei discorsi. E allora, ecco i passaggi logici del ragionamento che vi propongo di fare salutando i sessanta anni di vita gloriosa di Tex: la scienza offre sempre grandi metafore da usare in forme di pensiero meno dure e in culture meno esatte (così è stato per “punto di catastrofe”, “frattali” e via dicendo); l’espressione “buco nero” la si usa nel linguaggio comune – quello stesso linguaggio con cui ordiniamo bistecche e birra – per dire in modo assai più universale, cosmico, difficilmente reversibile, quello che nella letteratura e nella filosofia si è detto e si dice “naufragio”, “gorgo” (qualcosa di tragico, inconciliabile, che del resto sempre si frappone a qualsiasi avventura, scopo e riuscita umana, nella realtà e nella fiction: Tex lo sa bene); ma un “buco nero” assorbe in sé ogni materia organica e inorganica che sia; dunque anche le immagini e i sogni, i corpi e le menti, gli affetti e l’immaginazione; il “buco nero” è la metafora di un processo di annullamento, ma per l’intensità e la portata del fenomeno che descrive è il solo a poterci spiegare come funziona l’immaginario; l’immaginario è un “buco nero” rovesciato. Dunque è una forza della natura che si rigenera e ci rigenera continuamente ricorrendo a qualsiasi materiale umano e disumano, passato, presente e futuro. Conclusione: il mito di Tex è cresciuto con la forza di un “buco nero” e con la capacità di reazione nucleare dell’immaginario. Nei suoi decenni di vita ha saputo accrescere la propria forza traducendo nella sua vorticosa esperienza vissuta tutti gli eventi piccoli e grandi, locali e mondiali, che più hanno pesato sull’essere umano  della seconda metà del Novecento e dei primi anni del Terzo Millennio. Che il suo pubblico, per quanto vastissimo, sia limitato rispetto all’essere umano, non toglie che il  “romanzo” di Tex, dei suoi lettori e dei suoi autori, riguardi l’intero nostro abitare. Da quando nel ’48 uscì come striscia a oggi che si è proposto come biblioteca universale in edicola, Tex non è soltanto un collettore della vita nazionale italiana, ma, attraverso il lavoro di ibridazione dell’immaginazione dei Bonelli & Co., ha rielaborato mille e mille storie di ogni tempo e luogo. E, come ben sappiamo, le storie si incontrano, amano, respingono e vivono per conto loro.