Satoshi Kon - Romics d'Oro 2006

Satoshi Kon - Romics d'Oro 2006

 

 

Quante volte abbiamo sentito dire che il cinema è il luogo in cui vengono proiettati i nostri sogni? Satoshi Kon, maestro del fumetto e dell’animazione, ne è talmente tanto convinto da porre un problema che va oltre: e se il cinema d’animazione riuscisse a dimostrare che i sogni sono la vera reale espressione della realtà; che non è la vita ad essere un sogno, ma il sogno ad essere vita? Sembra proprio essere questo il filo rosso della sua poetica di autore. Chiarissimo fin dal suo primo film, Perfect blue, che lui diresse nel 1997, a 34 anni, sopperendo con la sua bravura di regista ad un’animazione piuttosto limitata. Un film che inizialmente doveva essere tratto dall’omonimo romanzo di Yoshikazu Takeuchi. Ma Satoshi Kon riscrive la sceneggiatura insieme a Sadayuki Murai, scardinando la logica del libro. In effetti quello che riesce a fare Kon è quanto di più difficile nella comunicazione, nel racconto: rendere comprensibile l’incomprensibile, giocando sulla narrazione come fosse un’illusione ottica. E lo stesso riesce a fare, mirabilmente, con Millennium Actress, diretto nel 2001: un’altra storia che narra di passioni estreme, in cui Kon inserisce il tema della memoria. Anche il ricordo è un sogno, anche la memoria è una fragile realtà, ma in fondo cos’è più esile del presente, che sfugge attimo dopo attimo? Perfect Blue e Millenium Actress sono due film legati da questo stesso tema di fondo. E forse è per questo che Kon decide per il terzo di cambiare completamente rotta: e con Tokyo Godfathers del 2003 costruisce un film la cui narrazione si svolge in forma tradizionale. E lo stupore fu quello: Kon sa fare anche film “normali”, rifacendosi, addirittura, ad un soggetto di John Ford. Il Kon dei sogni ritorna con Paprika, film presentato quest’anno in concorso al festival di Venezia. Ritorna il sogno che, grazie a una macchina, può essere visto, invaso, rapito dalla realtà. Ma anche in questo film (come anche in Tokyo Godfathers) il problema in gioco va aldilà di quello esposto dalla trama. E si può percepire così: riesce la vita a vincere il gioco delle emozioni, riesce l’uomo a reggere tutto il senso (profondo, infinito) della propria esistenza?