Sergio Bonelli - Romics d'Oro 2004

Sergio Bonelli - Romics d'Oro 2004

 

 

 

Quando ho incontrato Sergio per la prima volta, all’inizio degli anni ’80, dietro la sua scrivania c’era una specie di grafico disegnato a mano che cominciava con il numero 1948 e finiva con 1984. Vicino a questa cifra c’era scritto: “Fine di Tex” Ormai molti sanno che Tex è nato, creatura del vecchio Bonelli – il mitico Gianluigi – e del grande Aurelio Galeppini, proprio nel 1948. E tutti sanno che Tex esce ancora, magnifico cinquantaseienne, nelle edicole di tutta Italia. Altro che l’eutanasia a cui voleva consegnarlo Sergio nel 1984. Per fortuna andò diversamente: Sergio non solo non uccise Tex, ma se ne prese cura come di un fratellastro indigente conosciuto da adulto. Ampliò lo staff dei disegnatori e pian piano, quanto più Gianluigi si distaccava dalla propria creatura, anche degli sceneggiatori, a cominciare da se stesso, passato con elasticità dal fantasioso pre-ecologismo di Zagor all’alcolica amarezza equatoriale di Mister No alla geometrica sagacia e al duro senso dell’onore del ranger e dei suoi pards. Che il grafico avesse un valore apotropaico non saprei: tuttavia è certa la coincidenza tra l’anno della ipotetica fine di Tex e gli anni (di poco successivi) in cui cominciano a prendere forma nuovi prodotti dell’allora casa editrice Cepim: mi riferisco a Martin Mystere e a Dylan Dog. Vorrei segnalare che fino a quel momento l’editore aveva sfornato prodotti di tutto rispetto, ma sempre ambientati nel Far West. Mettere in cantiere un prolisso archeologo del fantastico e un ghostbuster dongiovanni e squattrinato non era un’impresa facile. Sergio all’epoca incrociava le dita e borbottava malfidato: “Va be’, questo che mi ha proposto Sclavi lo faccio, ma non può funzionare”. Sottinteso: “Che c’entra Dylan Dog con il marchio Bonelli?”. Ora che il parco dei personaggi di Sergio si è ampliato in modo formidabile e che gli scenari e le ambientazioni sono cambiati in maniera radicale senza nulla perdere della primigenia creatività Bonelli, ora che è evidente che la casa editrice è riuscita nell’impresa di acquistare nuovi pubblici senza perdere quelli precedenti non servono esperti per assegnare un premio prestigioso allo sceneggiatore-editore Sergio Bonelli: se volessimo riesumare la vecchia formula del made in Italy  Sergio ne sarebbe uno degli emblemi più nitidi. Un prodotto italiano complesso, variegato e dai molteplici linguaggi che sa interagire con mercati e con artisti stranieri, a tutti consegnando un’idea di ottima fattura, cioè di straordinaria qualità. Un prodotto di una “normale” e “saggia” genialità, quella di chi sa far funzionare le idee come reti di progetti narrativi. Un prodotto, cioè, di Sergio Bonelli. L.R.